Esattamente dopo un anno eccomi nuovamente sulla linea di partenza della Maratona di Londra.
È la mia seconda partecipazione alla maratona in terra inglese e la mia quinta maratona in assoluto; l’anno scorso la mia gara fu condizionata dall’aver perso il chip pochi istanti prima della partenza.
Quest’anno sono riuscito a essere sulla linea di partenza con chip e pettorale, pronto ad affrontare i 42 km che mi separano da Buckingham Palace.
Per la prima volta in vita mia corro con un obiettivo ben preciso: cercare di scendere sotto le 4 h.
Tutta la mia preparazione è stata finalizzata per correre ad un ritmo che mi permetta di stare sotto questo muro; non lo vedo come un ossessione, ma semplicemente come un step che ho programmato nel percorso che mi ha portato dall’essere un pigro cicciottello a Maratoneta.
Fino ad un mese fa ero abbastanza ottimista, avevo svolto ottimi allenamenti con buone sensazioni, ma nelle ultime settimane sono subentrati alcuni acciacchi fisici che mi fanno pensare che non sarà per nulla facile raggiungere l’obiettivo.
Prima di partire per Londra avevo fatto questa previsione con alcuni amici runner: “Se becco la giornata ideale faccio 3 h 58′, altrimenti farò 4 h 08′“.
La giornata è caratterizzata da forte vento e passo il pre-gara a cercare di stare il più caldo possibile e non è difficile, la maratona di Londra ha un ottima organizzazione, tanto che la partenza avviene in un parco vicino a Greenwich dove sono allestiti alcuni tendoni che permettono agli atleti di stare al caldo.
È così ben organizzato che per la prima volta in vita mia faccio pochissima coda per andare in bagno prima della partenza; per chi non ha mai corso una maratona può sembrare un dettaglio banale, ma vi assicuro che passare 30 minuti in coda al freddo non è il massimo a pochi minuti dalle procedure di partenza.
A mezz’ora dal via entro nella mia griglia e mi preparo: sono ancora vestito con i pantaloni di una vecchia tuta e un vecchio pile che butterò via a pochi metri dalla partenza, oltre ad un anti-vento. Mi stupisco sempre del fatto che ci siano tantissimi atleti che si presentano alla partenza vestiti solo di una leggera canotta e dei pantaloncini da gara; capisco i top runner, ma in caso di freddo si bruciano veramente tante calorie per cercare di stare al caldo. Io da sempre mi porto dietro un po’ di roba vecchia da buttare a pochi metri dalla partenza.
Una volta partito mi rendo conto che non è necessario indossare l’anti-vento e passo il primo chilometro a cercare di chiuderlo e ad infilarlo dentro alla tasca posteriore della mia canottiera. Rispetto alla precedenti maratone ho vissuto meno emozione all’avvio, sarà che inizio ad abituarmi o semplicemente mi sembra di essere più concentrato sulla prestazione sportiva che da quello che mi circonda.
Fin dai primi chilometri lungo il percorso c’è tantissima gente, il tifo è continuo e costante, in alcune zone si è accolti da un tifo da stadio.
Già dal decimo tuttavia capisco che difficilmente sarà la giornata perfetta: ho qualche dolorino ai quadricipiti e dando un occhiata al mio Garmin mi rendo conto che rispetto al solito ho una frequenza cardiaca troppo alta per il ritmo che sto sostenendo. Cerco di non pensarci e continuo a correre a 5′ 30”, che è il ritmo che avevo programmato.
Prima del traguardo virtuale della mezza c’è il suggestivo passaggio dal Tower Bridge, sicuramente il punto più bello di tutta la maratona.
Decido di fare un collegamento via Facebook sul nostro gruppo RunToFeelBetterComunity per condividere l’emozione della maratona di Londra anche ai tanti amici che hanno in comune la stessa passione.
Al miglio 13 ho appuntamento con Francesca e Camilla, mia moglie e mia figlia: rispetto al solito mi fermo giusto il tempo per un bacio veloce e riparto.
Le sensazioni continuano a non essere buone ma passo in 1 h 57′ alla mezza, il tempo che mi ero prefissato.
Dal mio punto di vista la maratona di Londra ha una unica pecca: le griglie di partenza non vengono ben distribuite e ci si trova a correre spesso con runner molto più lenti.
In alcuni tratti in cui la strada si stringe tanto da rendere difficile superare: è un continuo rallentare, schivare e cercare di rilanciare la propria corsa. Fino a quando si è freschi si riesce a fare abbastanza facilmente, quando si arriva verso il trentesimo chilometro diventa sempre più difficile riprendere il ritmo giusto.
Corro abbastanza bene fino al trentesimo e poi mi scontro con il muro… The Wall…
Inizio a sentire le gambe sempre più dure, tanto da aver la tentazione di camminare, e mi sento meno lucido.
Tengo duro fino al 34 km, faccio 2 righe di conti e mi dico: “Se corro 8 km a 6 al km vado sotto le 4 h”.
Decido di dividere la gara in 8×1000, divisi in 900 metri di corsa e 100 metri di camminata.
Non so perché, ma in quel momento ho pensato che fosse la strategia migliore ed in effetti sembra funzionare… per un chilometro…
Le gambe diventano sempre più dure, inizio ad avere un accenno di crampi, provo addirittura a pattinare su un tratto di strada bagnato, provo a marciare, niente da fare.
Le gambe non vogliono più sapere di correre; guardo l’orologio e capisco che le 4 h sono andate.
Stringendo i denti forse potrei fare 4 h 04′, ma in quel momento riaffiora in me lo spirito di Run To Feel Better e mi dico che non vale la pena rischiare di stare male.
Praticamente cammino per gli ultimi due chilometri, mando qualche WhatsApp, faccio foto e video e pian pianino taglio il traguardo della mia quinta maratona.
Tempo finale: 4 h 08′ 09”
Avverto sensazioni contrastanti, sono felice per aver tagliato l’ennesimo traguardo, ma avverto anche un po’ di tristezza; mi scappa qualche lacrimuccia e mi dirigo verso il ritrovo con la mia famiglia.
Un’altra avventura portata a casa.
Un’altra maratona.
Un altro viaggio.
Come si dice non tutti i viaggi sono uguali.
In questo viaggio mi è mancato la compagnia di una persona che avrebbe dovuto essere con me.
In questo viaggio ho capito che devo per prima cosa divertirmi.
Per una volta ho corso cercando un risultato.
Ho cercato di raggiungere un obiettivo.
Ho dato meno cinque ai bambini.
Non ho ballato al ritmo di musica.
Non ho giocato ad aizzare le folle.
Per qualche ora mi sono dimenticato del vero spirito di Run To Feel Better per cercare di dimostrare che possono essere un runner più forte.
Ne è valsa la pena?
Responses
Un racconto bellissimo, un viaggio unico e allo stesso tempo con emozioni che conosco bene anche se X tempi molto più lenti. Ne vale la pena? Forse no ma è questo che ci da’ la forza e la grinta X migliorarsi. Sicuramente sarebbe bello unire le due cose. Sei un grande 🙌🏻
Grazie mille.